sabato 24 novembre 2012

Nekketsu Kōha Kunio-kun - Technōs Japan, 1986

Si diceva, discorrendo su Double Dragon Neon, che sarebbe stato bello parlare dell'uomo Kishimoto. Lo facciamo adesso, tralasciando però i lasergame creati sotto il vessillo Data East e usando come trampolino di lancio, invece, un titolo dall'affascinante sapore autobiografico. Perché Yoshihisa magari non ha pilotato un elicottero da guerra né ha scatenato il caos a quattro ruote come in Cobra Command o Road Blaster ma, in maniera simile a Kunio, ha realmente picchiato duro nella sua vita.

Il nekketsu del titolo, ovvero "sangue bollente", è un mantra tanto per ogni shonen manga che si rispetti, quanto per il movimento giovanile nipponico "yanki". Qui è anche il nome della scuola di Kunio.
Nasce il 17 Settembre 1961, un periodo di transizione culturale per il Giappone, ancora impegnato a sanare le ferite inflitte da una guerra mondiale finita nel peggiore dei modi. Il nonno Keiji, marinaio in servizio presso Okinawa, dopo gli eventi del 1945 si stabilisce a Tokio dove diventa padre di Isao, il futuro genitore di Yoshihisa e Yuki. In seguito alla guerra tutte le operazioni marittime militari vengono infatti fermate e il Giappone, non più costretto dalle ugenze belliche, può rialzare la testa e corciarsi le maniche, facendo ripartire l'economia e, allo stesso tempo, aprendo maggiormente le porte alla civiltà occidentale. Questo incide sulla formazione di Yoshihisa e Yuki: loro e i genitori sono ammaliati dagli spaghetti western di Giuliano Gemma come Una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo, entrambi del 1965, ma anche gli incontri del colossale Mohamed Ali incollano la famiglia allo schermo. Il lato nekketsu di Yoshihisa viene alimentato anche dalla produzione autoctona, con anime classici come Ashita no Joe e Koijin no Hoshi, rispettivamente Rocky Joe e Tommy la stella dei Giants sulle nostre reti. La fanciullezza però finisce bruscamente per due motivi: in primis la violenza domestica del padre, dedito ad alcol e nicotina, Una situazione pessima, sopita dalla riservatezza che solo il popolo del sol levante può sfoggiare, ma tremenda tra le pareti di casa: Isao è morto nel 2007 a causa di un cancro ai polmoni. Il secondo motivo fu la passione per Bruce Lee, ardente, mesmerizzante e ispiratrice: alla fine del 1973 Yoshihisa e Yuki videro per la prima volta Enter the Dragon, e fu amore vero. Indiscusso campione di incassi in oriente, Enter the Dragon rimase al cinema per oltre sei mesi nelle sale di Tokio: Yoshihisa andava ogni Domenica a vedere il film, iniziando dal primo spettacolo e uscendo dopo l'ultimo, arrivando alla cifra di CENTONOVANTA visioni circa.

In effetti un filmone: e ora sapete anche da dove prendono il nome Roper e Williams, due dei nemici di Double Dragon.

Al cinema, senza videoregistratore, condensate una manciata di Domeniche: non so quanti di voi possono vantare un simile attaccamento verso il film del cuore, ma Kishimoto ha sbriciolato con nonchalance il mio record con Ritorno al futuro!

Non solo, un'altra grande passione sono i Bay City Rollers, tanto da spingere Yoshihisa a imparare la chitarra da autodidatta, ispirato da Eric Faulkner, e a sostare tutta la notte sotto l'Hilton di Tokio in attesa di conoscere i suoi idoli, destinati a suonare di lì a poco presso il prestigioso Budokan, un onore condiviso anni prima dai Beatles. Il sottotitolo "The Rosetta Stone" del terzo, oggettivamente pessimo Double Dragon, deriva dal nome del nuovo gruppo del chitattista Ian Mitchell. Quindi no, niente passione per l'archeologia.


Con il sangue rovente in corpo Yoshihisa fa impazzire i professori e combatte contro i gruppi delle scuole rivali, guadagnado la fama di furyo shonen, un ragazzaccio ribelle. Nonostante rimanga nell'animo un "buono" (nella sua biografia racconta di come lui e il suo rissoso gruppo abbiano rifiutato un invito da parte della yakuza), egli non può fare a meno di subire il fascino del movimento giovanile yanki, diventando un bōsōzoku, ovvero un teppista motorizzato, uno di quelli che creavano grattacapi alla polizia giapponese durante gli anni ottanta. Con oltre ottocento gruppi di centauri conosciuti nel 1981, lavorare come poliziotto in Giappone non doveva essere una passeggiata.

Una vita che sembra venir fuori da uno shonen manga;  tuttavia tra un pestaggio e l'altro va pazzo per i videogiochi come Space Invaders e Breakout e ama lo sport, diventando anche capo di un gruppo di ouendan. Il grande desiderio però è creare film all'altezza del suo mito Bruce Lee, e l'ingresso in Data East è visto come un prezioso lasciapassare per realizzare il suo sogno. Non a caso Cobra Command e Road Blasters sono ispirati ad icone della cinematografia americana come Blue Thunder e Mad Max. Il burrascoso passato, assieme alla passione per i combattimenti di Bruce Lee, vengono però trasportati in chiave ludica solo sotto Technōs Japan con Nekketsu Kōha Kunio-kun. I picchiaduro dell'epoca mancavano di qualcosa per Yoshihisa: il classico Karate Champ era un semplice kumite sportivo e Spartan X (Kung Fu Master) aveva uno schema di gioco simile ad uno sparatutto, dove un semplice pugno era sufficiente per far volare via i nemici.

Quel qualcosa era il nekketsu. Il brivido del combattimento selvaggio senza regole, senza quartiere e con il sapore di sangue tra i denti. Un picchiaduro, insomma, capace di trasmettere la sensazione di fare male.

In aiuto arrivò la conoscenza di Sato-san, il responsabile delle convincenti animazioni di Exciting Hour, un gioco di wrestling che lo aveva favorevolmente impressionato per l'ottima fisicità dei combattimenti.

Distribuito in occidente da Taito con il nome Mat Mania, è conosciuto dagli amici come "il wrestling con Darth Vader e Superman tra il pubblico". All'epoca si poteva, zitti zitti.

Il suo nuovo progetto venne sviluppato quindi con il nome di lavoro "Nekketsu Kōha" (duro dal sangue bollente) finché Yoshihisa non propose di chiamare il protagonista Kunio come omaggio a Kunio Taki, il carismatico presidente di Technōs Japan. Forse non tutti sanno che Kishimoto si è preso la briga di dare al suo eroe anche un'immaginaria data di nascita, ovvero 27 Novembre: il compleanno di Bruce Lee. Molte delle esperienze di vita descritte pocanzi finirono nel calderone: il primo boss, Riki, prende il nome da un ragazzo fortissimo e temuto che abitava nello stesso quartiere di Yoshihisa; allo stesso modo Shinji, il capo della gang di motociclisti nel secondo livello, è ispirato ad un amico con cui Kishimoto condivideva la passione per le moto. Anche loro sono basate su modelli reali che spopolavano tra i bōsōzoku come le CB400.




Nekketsu Kōha Kunio-kun fu un successo sin dal location test, tenuto presso la sala giochi Roller Tron nel quartiere di Takadanobaba, riscuotendo subito una fama tanto grande che  Technōs Japan venne contattata dalle forze dell'ordine che temevano un'invasione di yakuza e furyo shonen, nuovamente attratti nelle sale giochi dall'odore del sangue digitale dopo che per anni personaggi come Mario, Mappy o Mr. DO! erano riusciti a renderle luoghi amichevoli per i più giovani.

Merito anche del rivoluzionario sistema di combattimento che abbinava tre pulsanti al canonico joystick, adibiti al salto e agli attacchi a destra e a sinistra. Unito alla buona varietà di mosse tra combinazioni, proiezioni e, addirittura, la possibilità di picchiare in faccia un avversario atterrato, Kunio-kun trasmetteva una sensazione di violenza assolutamente nuova rispetto ai titoli dell'epoca.
Non per niente lo stesso Kishimoto, che aveva inizialmente optato per  assegnare ai pulsanti le funzioni di salto, calcio e pugno, dovette ripensare il tutto, reputando il gioco troppo difficile in fase di testing. Ma anche con la possibilità di distribuire i colpi a destra e sinistra Kunio-kun vanta un grado di sfida piuttosto alto nei suoi quattro livelli. Specie nell'ultimo le cose si fanno serie: i teppisti yanki fanno spazio a yakuza armati di coltello in grado di uccidere sul colpo, così come il boss finale con la sua rivoltella.

Una cattiva abitudine, quella delle armi da fuoco,  che ritorna nello scontro finale di Shin Nekketsu Kōha: Kunio-tachi no Banka, il picchiaduro a scorrimento su Super Famicom preferito da chi scrive queste righe.
E contemporaneamente fu anche il primo titolo adattato per i sistemi casalinghi da parte della softco: Kunio Taki aveva insegnato ai propri dipendenti che un buon videogioco da sala doveva spingere il giocatore a inserire cento yen ogni tre minuti; considerato però il prezzo di una cartuccia per Famicom, Yoshihisa si vide costretto a marciare esattamente al contrario, donando alla conversione per la console Nintendo diversi nuovi livelli per giustificare la spesa. Ad esempio dopo l'iniziale rissa nella stazione il combattimento si sposta in un treno in corsa prima dello scontro contro Riki; il secondo livello invece presenta un'inedita sezione in moto con la possibilità di disarcionare gli avversari a calci. Meno inventivo l'ultimo stage, dove i vari boss vengono clonati all'inverosimile per allungare la sfida. Nintendo non si smentì e il terzo livello, ambientato in una via a luci rosse contro una banda di picchiatrici donne, venne epurato da scomodi riferimenti. Il titolo viene pubblicato il 17 Aprile 1987 con una tiratura di quattrocentomila copie.

Dall'altra parte dell'oceano però Taito, che avrebbe dovuto distribuire il gioco in occidente, non aveva buone notizie: dopo un playtest nella loro sede a San José, i responsabili marketing decretarono le risse di Kunio indigeste per i videogiocatori locali. Uniformi scolastiche e kanji vari non avrebbero fatto presa al di là dell'oceano, e Kishimoto dovette quindi trasformare completamente la sua opera, prendendo spunto stavolta dal film The Warriors (I Guerrieri della notte): Kunio diventa il picchiatore Alex, opportunamente abbigliato come Swan, Ajax e soci, mentre tutti i nemici vengono occidentalizzati.

Giustamente ti prendi la briga di occidentalizzare tutto, ma lasci i teppisti sullo sfondo in yanki zuwari...

In quest'ottica non ridisegnare i teppisti armati di bokken come i Baseball Furies è un peccato mortale, sappiatelo.

Meno male che altrove qualcuno ha buon gusto...
Il frutto di questo lavoro è Renegade, che viene prontamente convertito in occidente e presentato a Chicago sempre durante il 1986, quando diventa uno dei coin-op più gettonati d'America. Alex deve salvare la propria donna rapita da un'organizzazione criminale: per questo motivo le scenette prima di ogni stage dove il povero Hiroshi, compagno di scuola di Kunio, viene malmenato dalla banda di turno sono tagliate via.

A parte la versione NES, nuovamente sviluppata da Technōs Japan sotto la direzione di Kishimoto,  tutte le altre vengono realizzate su licenza.

Il risultato è altalenante sugli home computer: la Imagine si accaparra i diritti e su C64 il grafico Stephen Wahid - già responsabile di innumerevoli adattamenti come Ye ar Kung Fu, Mikie e Green Beret - riesce a portare a casa un risultato dignitoso e blocchettoso allo stesso tempo: quello che si perde in definizione viene compensato dalle rapide animazioni, sebbene il problema principale sono i comandi con una scomoda simbiosi tra joystick e tastiera.

Il porto di Legoland brulica di criminalità.
Su Spectrum la monocromia degli sprite è una ragionevole alternativa ad una rappresentazione più nitida degli stessi. Anche stavolta il binomio joystick-tastiera è una barriera da superare prima di cominciare a fare sul serio.

Non male...
Su Amstrad Renegade dà il meglio di sé: colore e definizione vengono a compromessi e anche il sonoro cambia a seconda dei livelli. I comandi sono sempre un problema, ma per lo meno i pulsanti sono abbinati a tre tasti cursore vicini tra di loro, lasciando al joystick solo il movimento di Alex: uno schema molto simile a quello del coin-op originale. L'unico neo è lo scrolling assente, sostituito da schermate fisse.

Un'altra conversione da invidiare, assieme a Gryzor e Operation Wolf...
Sui sedici bit è la stessa Taito a distribuire la conversione, scritta da una Software Creations scazzatissima: l'audio di Tim Follin è completamente inadatto a quello che accade su schermo,  dove la palette cromatica spenta conferisce un aspetto piuttosto opaco al gioco. Questo, da parte sua, offre il peggior scorrimento della storia dei sedici bit dai tempi di Bionic Commando. Si decide di scartare la tastiera e usare solo il joystick, una lodevole iniziativa dal pessimo risultato: per colpire i nemici alle spalle bisogna tenere premuto il pulsante di fuoco, un'operazione lenta e poco reattiva, specie quando ci si trova circondati.
Mi piace ricordare la Software Creations per ben altro, magari sugli otto bit...
Poiché Ocean/Imagine poteva continuare a sfruttare i diritti di Renegade - una prassi dell'epoca, come detto a suo tempo per Strider - il gioco ebbe due seguiti non ufficiali (Target: Renegade e The Final Chapter) sugli home computer di cui però non parleremo, visto che non sono farina del sacco di Kishimoto.

Ironicamente fu Renegade il motivo del look di Double Dragon: Kunio Taki reputò eccessivamente dispendioso il reskin (passatemi la licenza) di Nekketsu Kōha Kunio-kun per il mercato occidentale, tanto da chiedere a Yoshihisa che il suo prossimo gioco potesse risultare appetibile a entrambe le culture senza ulteriori modifiche.

Kunio è diventato una specie di mascotte per Technōs Japan, riapparendo in un'infinità di spin-off di carattere sportivo e non famosi anche in occidente; una tradizione duratura, dato che l'anno scorso è uscito in Giappone Nekketsu Kōha Kunio-kun Special su 3DS, un titolo commemorativo che dovrei ricevere tra una decina di giorni, assieme al nuovo Super Robot Taisen: magari ne riparliamo.



Kishimoto oggi ha due figli, Tatsuhiro e Miku. Gli ideogrammi dei loro nomi formano la parola "Drago", un riferimento sia a Bruce Lee che a Double Dragon. Ma quella di Billy e Jimmy è un'altra storia.